L’impiego dell’ecografia transvaginale tridimensionale in ostetricia e ginecologia

Penso che oggi mamme e papà quando sentono parlare di ecografia tridimensionale o 3D subito vadano con il pensiero alle immagini che ormai nei referti dell’ecografia in gravidanza sono comunemente riportate e che ritraggono il viso del bimbo/a in utero.
Dal punto di visto della rappresentazione dell’immagine l’introduzione di questa tecnologia ha cancellato ciò che prima era affidato solo all’attività onirica dei genitori sostituendola con un vero e proprio “selfie”. Sull’Eco 3D sono state date valutazioni di metodo e di merito credo troppo influenzate da convinzioni personali, tutti ammettono comunque che la disponibilità di immagini così aderenti alla realtà ha strabiliato tutti e aperto una grande finestra sulla vita intrauterina del bimbo.

Come si ottiene una immagine in 3D.
Immaginiamo una anguria di cui noi vogliamo ispezionare solo uno spicchio. Con la macchina delimitiamo lo spicchio, quindi l’apparecchio acquisisce tutto ciò che è contenuto nel volume definito e poi con calma ce lo guardiamo ottenendo innumerevoli sezioni sui tre assi cartesiani fino ad ottenere quella che disideriamo.
Volendo possiamo fare questa operazione anche in tempo reale.

La sonda vaginale 3D
Ora se questo “sequestro volumetrico” lo eseguiamo con una sonda vaginale dovremo tener conto di due fattori importanti per definire i limiti e le potenzialità di questa metodica.
Immaginate che l’occhio della sonda (la parte che emette ultrasuoni) sia posizionato vicino al collo dell’utero da lì noi potremo esplorare un arco di sfera che non supera i 10 cm di raggio. Il limite è definito dalla profondità a cui arriva il raggio ultrasonico (alte frequenze poca profondità ma migliore definizione) e dall’angolo di apertura della sonda. Sia per via della frequenza di emissione delle sonde vaginali che per la vicinanza alle strutture che dobbiamo valutare la precisione delle immagini risulta notevolmente magnificata.
Quindi in ginecologia avremo la possibilità di condurre uno studio accurato della cavità uterina, delle sue anomalie compresa la deformazione indotta da neoformazioni quali i miomi (fibromi) o i polipi. I livelli di precisione si avvicinano molto all’isteroscopia anche se ovviamente non potranno mai sostituirla ma consentiranno comunque di ricorrervi in modo più circostanziato.
In ostetricia invece aumenteremo l’efficacia diagnostica nello studio delle gravidanze iniziali, delle gravidanze gemellari nel primo trimestre e nello studio precoce delle malformazioni fetali soprattutto nei casi in cui vi è un rischio genetico aumentato per familiarità o per esito degli esami di screening condotti.
Nel secondo trimestre è possibile uno studio molto accurato della morfologia intracranica fetale, solo se il feto sta con la testa in basso vicino al collo dell’utero, mentre nel terzo trimestre quando viene segnalata dalle precedenti ecografie una placenta inserita troppo in basso (previa) potremo studiarla con grande precisione per definire il tipo di parto consentito.

Dott. Giuseppe Battagliarin

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